I player dell’Open Innovation in Italia: volumi di mercato e trend evolutivi

Nel 2024 il paradigma dell’Open Innovation, coniato ad Harvard dal Professor Henry Chesbrough, compie vent’anni e l’ispirazione del lavoro di Chesbrough, insieme alle esperienze pionieristiche di aziende di successo come Procter & Gamble, Enel, Dell e IBM, hanno portato l’Open Innovation ad affermarsi in moltissime aziende, alimentando un rinnovamento culturale pervasivo in diversi contesti industriali e geografici. Anche in Italia si è registrato un significativo aumento dell’interesse delle imprese verso un modello di innovazione aperta: sono 398 le organizzazioni mappate, che offrono servizi per un valore di mercato fra 571 milioni e 6,7 miliardi di euro. Questi sono solamente alcuni dei numeri che descrivono l’ecosistema italiano dell’Open Innovation, tratti dal Report 2024 dell’Osservatorio Italian Open Innovation Lookout, realizzato dal gruppo di ricerca Innovation & Strategy del Politecnico di Milano insieme al team Lab11. L’indagine, che ha coinvolto una grande varietà di attori, nasce dalla considerazione che le imprese italiane interessate ad acquistare servizi di Open Innovation faticano ancora a comprenderne le peculiarità, e quindi a identificare i partner più adatti, anche se ormai le applicazioni concrete di questo paradigma crescono ovunque (compreso nel nostro Paese), e le imprese, per creare valore e competere meglio, ricorrono a idee, strumenti e competenze esterne anziché limitarsi a risorse interne.

La mappa dei Service Provider
L’Osservatorio nato in seno al Politecnico di Milano ha suddiviso i 398 Service Provider in dieci macrocategorie, ciascuna delle quali rappresenta una quota specifica sul fatturato del settore. La macrocategoria con la quota maggiore (oltre il 40%) è quella dei Corporate Innovation Hub, definiti come unità corporate o entità legali separate ma di proprietà di una corporate che agiscono con significativa autonomia per promuovere e sostenere l’innovazione nell’azienda. A seguire, con il 16%, le Società di Consulenza Open Innovation, specializzate nell’erogazione di servizi professionali di advisory nell’area dell’Open Innovation.

Il Corporate Venturing nelle sue varie forme
Una particolare attenzione, nel Report, è dedicata al Corporate Venturing, cioè il processo che porta le aziende a creare e sostenere nuove realtà imprenditoriali per l’Open Innovation. I due approcci più consolidati di Corporate Venturing sono il Corporate Venture Capital e il Corporate Venture Clienting.
Il Corporate Venture Capital è un investimento diretto o indiretto da parte di imprese di dimensioni medio-grandi in imprese con potenziale innovativo e di crescita, come le startup. Per le corporate, questi investimenti favoriscono l’innovazione e comunicano intenzioni strategiche positive. Tuttavia, possono emergere delle criticità nella valutazione delle startup, nella gestione delle interazioni e nella comprensione reciproca. Dal canto loro, le startup spesso temono che le aziende investitrici si approprino del loro know-how, e soffrono le lunghe tempistiche proprie delle grandi aziende.
Il Corporate Venture Clienting, invece, si configura come una relazione d’affari in cui la startup assume il ruolo di fornitore per l’azienda. I vantaggi e gli svantaggi di questo approccio sono legati alla sua immediatezza: si generano subito profitti per entrambe le parti, e la validità della partnership viene testata in breve tempo; per contro, la collaborazione è circoscritta a prodotti, servizi e tecnologie ancora in fase di sviluppo e non ancora sul mercato.
A questi due approcci consolidati se ne affianca uno emergente che, ad oggi, non presenta ancora un track record consolidato o un percorso ben definito e con regole del gioco standardizzate. Si tratta del Venture Building, la cui principale caratteristica è la creazione ex novo di un’impresa, indipendente dall’azienda madre. Il Venture Building si articola in Venture Builder (a sua volta declinato in Venture Builder consulenziale, imprenditoriale e corporate) e Startup Studio. Quest’ultima forma si distingue per l’offerta di soluzioni plug & play, fornendo direttamente l’accesso a una delle startup presenti a portafoglio anziché offrire un servizio di creazione di una nuova azienda.

Barriere e prospettive dell’Open Innovation
Nonostante l’indubbio aumento di applicazioni concrete di questo paradigma, molte imprese, pur adottando modelli orientati all’Open Innovation, faticano ancora a tradurre tale impegno in progetti concreti. Permangono ancora barriere di vario tipo che ostacolano il cammino dell’Open Innovation, e che la ricerca distingue in:

  • Barriere interne alle organizzazioni. L’adozione dell’Open Innovation non è un processo privo di difficoltà e resistenze: al contrario, spesso richiede una trasformazione organizzativa, un cambiamento nel modo stesso di fare business a ogni livello. Per questo è necessario che le aziende sviluppino competenze specifiche, e soprattutto adottino il giusto mindset. Queste barriere possono essere:
    • Culturali e individuali (resistenze al cambiamento)
    • Organizzative e manageriali (rigidità delle strutture gerarchiche e mancanza di supporto da parte della leadership)
    • Tecniche e processuali (procedure)
  • Barriere alla collaborazione. In questo caso, la prospettiva è inter-organizzativa. Riguarda, dunque, la collaborazione con altre aziende, Service Provider o professionisti esterni, la scelta dei partner e il modo in cui si interagisce con loro. Le barriere alla collaborazione possono essere:
    • Antecedenti all’inizio della collaborazione (generalmente prevenibili)
    • Relazionali, cioè dovute a ostacoli che emergono del corso della collaborazione
  • Barriere esterne. Sono relative al contesto in cui le aziende operano. Un ecosistema dell’innovazione infatti coinvolge una moltitudine di attori, attività e idee in costante collaborazione (e competizione), sistema che va ben oltre la singola azienda. In questo senso, nell’ottica di Open Innovation, è la rete di relazione fra gli attori il vero elemento in grado di generare regole e standard comuni. Queste barriere sono quindi legate a:
    • Mercato
    • Finanziamenti
    • Compliance
    • Competenze
    • L’ecosistema circostante

Il futuro dell’Open Innovation passa attraverso la rimozione di queste barriere e attraverso il modo in cui l’innovazione aperta saprà confrontarsi con le sfide evolutive che la ricerca dell’Osservatorio Italian Open Innovation Lookout ha individuato:

  • La sostenibilità dell’innovazione
  • Il ruolo dell’innovazione Deep Tech (come, cioè, cambiano i paradigmi e i servizi nei contesti di innovazione tecnologica più avanzata)
  • Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nell’Open Innovation
  • L’Innovazione Aperta nella Pubblica Amministrazione
  • La gestione dell’innovazione crowd-based, un modello in cui un gran numero di persone possono partecipare ai processi innovativi di un’organizzazione
  • La necessità di coltivare il capitale relazionale
  • Il ruolo delle informazioni e delle comunicazioni trasparenti fra partner dell’Open Innovation
  • L’integrazione delle PMI in questo ecosistema
  • La Governance dell’Open Innovation e i meccanismi più efficaci per gestirla
  • KPI e misurazione del successo o meno delle iniziative di Open Innovation

Sono tutti temi aperti, attorno ai quali sviluppare il dibattito e immaginare il futuro di questo settore.

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