Il futuro è collaborativo

I cobot stanno riscrivendo le dinamiche produttive della fabbrica intelligente: macchine e uomini condividono lo spazio di lavoro, interagiscono e svolgono i loro compiti in modo sempre più sinergico.

Robotica collaborativa e cobot: una tecnologia emergente fino a qualche anno fa, un settore fortemente strategico nell’ambito della robotica industriale oggi. Ma cos’è esattamente e in che modo si è evoluta negli anni? In questo articolo ne approfondiremo i vantaggi e le differenze rispetto alla robotica tradizionale, i principali ambiti di applicazione e gli scenari di sviluppo in Italia. E vedremo come Kilometro Rosso, insieme ai partner Experis Academy, Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e Intellimech, continui a investire nelle potenzialità della robotica collaborativa, promuovendo una serie di progetti di formazione e di ricerca come, ad esempio, il JOiiNT LAB – Robotic Intelligence League Bergamo.

Quando nascono i primi cobot?
I cobot, noti anche come robot collaborativi, sono stati pensati per interagire con la forza lavoro umana attraverso la condivisione del medesimo spazio, senza bisogno di barriere o gabbie perimetrali protettive. Il primo prototipo risale al 1999: era un dispositivo di assistenza intelligente (IAD) sviluppato dalla General Motors per implementare la robotica nel settore automobilistico. Un esemplare basico in grado di muoversi in un’ambiente di lavoro non ingabbiato e supportare i lavoratori nelle operazioni di assemblaggio, che tuttavia non poteva contare su una fonte interna di alimentazione del movimento, competenza poi sviluppata qualche anno dopo dall’azienda tedesca KUKA nella sua versione di cobot leggero.
L’anno della svolta è stato però il 2008 quando Universal Robots, leader mondiale nella robotica collaborativa, ha messo a punto il primo vero cobot capace di lavorare a stretto contatto con la forza lavoro in totale sicurezza: è il primo robot collaborativo user-friendly ed economicamente sostenibile della storia, una conquista che rivoluziona il mondo delle PMI finalmente in grado di assorbire la nuova tecnologia dai costi contenuti, senza il bisogno di riconvertire gli stabilimenti. Da allora Universal Robots ha prodotto oltre 50.000 cobot, utilizzati in migliaia di ambienti produttivi ogni giorno e in tutto il mondo.

Come cambia la tecnologia collaborativa?
Quella dei cobot è stata una conquista significativa, diventata negli anni una grande fonte di opportunità per l’integrazione dell’automazione nella fabbrica intelligente. Tra innumerevoli migliorie di competenze già esistenti e lo sviluppo di nuove, i cobot sono diventati sempre più efficienti e duttili: pensiamo, ad esempio, ai dispositivi di sollevamento assistito costruiti per alzare pesi in totale sicurezza oppure ai sistemi di visione integrata che consentono ai nuovi cobot di evitare gli ostacoli senza interrompere la produzione. Grazie a processori sempre più veloci essi sono più produttivi e intelligenti, perché progettati per soddisfare due ordini di esigenze: lavorare in sicurezza e a una velocità maggiore. Secondo le previsioni di Interact Analysis, azienda di market intelligence nel settore dell’automazione, nonostante i rallentamenti dovuti alla pandemia il mercato della robotica collaborativa oggi gode di ottima salute: pare infatti che nel 2021 crescerà del 20% e del 15-20% ogni anno fino al 2028, quado raggiungerà una quota di mercato di 1,94 miliardi di dollari. I dati parlano chiaro: i cobot sono il futuro e l’anello di congiunzione ideale tra macchine e uomini.

Perché i cobot non sono robot tradizionali
Il valore aggiunto dei robot collaborativi è evidente: sono progettati per seguire le istruzioni dei colleghi umani e per interagire in modo sempre più accurato con le loro azioni e comportamenti, a differenza di quelli tradizionali, meno intelligenti e più propensi a impieghi veloci e meccanici. Ma quali sono i fattori che più li distinguono da quelli tradizionali?

– Compiono più operazioni differenti e sono semplici da programmare;
– grazie alla loro grande duttilità possono essere integrati in qualsiasi linea produttiva senza la necessità di cambiarne il layout;
– possono essere riprogrammati rapidamente più volte anche nell’arco di una giornata, con interventi brevi e costi sostenibili;
– riconoscono lo spazio in cui si muovono e le interazioni con oggetti e persone grazie ai sensori di cui sono dotati;
– sono molto leggeri (pesano tra i 10 e i 30 kg), facilmente trasportabili e versatili.

Parliamo di robot che imparano dall’esperienza, si arricchiscono di competenze relazionali e produttive per diventare sempre più agili e performanti: tutto ciò che serve per conquistare nuovi ambiti di applicazione e rendere il futuro dell’industria sempre più collaborativo. Fra le sfide più importanti per le aziende produttrici di cobot c’è quella di affinare la manualità e la capacità che i robot collaborativi hanno di prendere decisioni rapidamente e renderne sempre più agile la programmazione, in modo da facilitarne la diffusione. Le potenzialità dei cobot oggi sono particolarmente apprezzate dall’industria automobilistica ed elettronica, soprattutto nei processi di manipolazione dei materiali, di assemblaggio e di pick and place, ma trovano spazio in molti altri settori come quello delle attività di fine linea, plastica e polimeri, alimentare e chimico farmaceutico. Oggi in Italia, secondo le statistiche più recenti condotte da SIRI (Associazione Italiana di Robotica) e dall’IFR (International Federation of Robotics) i cobot superano le 9.700 unità: un numero importante destinato ad aumentare molto rapidamente, considerando la loro versatilità e la crescente predisposizione a larghi utilizzi.

La risposta di Kilometro Rosso ai cobot
In questi anni l’industria italiana sta quindi dimostrando grande interesse per le soluzioni sviluppate dalla robotica collaborativa; eppure l’impressione è che in alcuni casi il valore aggiunto dei cobot non sia percepito completamente e che una maggiore cultura “collaborativa” vada incoraggiata. È anche per questo che Kilometro Rosso, sempre attento alle potenzialità dell’innovazione, ha scelto di promuovere insieme ai suoi partner una serie di progetti di formazione e di ricerca finalizzati alla creazione di nuove competenze specialistiche in materia. Ne sono un esempio i corsi di specializzazione in “Robotica Collaborativa” progettati in partnership con Experis Academy e il laboratorio “JOiiNT Lab – Robotic Intelligence League Bergamo”, creato con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e Intellimech, per incoraggiare, da una parte, la formazione di nuove figure professionali e il rafforzamento delle competenze specialistiche in materia e, dall’altra, lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie di robotica avanzata per poi trasferirle nel tessuto industriale italiano.

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